Stampanti Brother e l’errore “Impossibile rilevare”: un semplice trucco per allungare la vita delle cartucce

Possiedo con soddisfazione una stampante Brother DCP-J140W a getto d’inchiostro. In passato ne avevo parlato spiegando anche come installarla con Linux.

La cosa più interessante di questa stampante è il costo delle cartucce: le compatibili dalla Germania si pagano circa 80 centesimi di euro a cartuccia, tra l’altro in formato ad alta capacità. Un “difetto” di questo brand, però, è che appena la stampante rileva una cartuccia esaurita, tutto si blocca.

Compare infatti il messaggio “Impossibile rilevare”, di solito seguito da una sigla o da una rappresentazione grafica, se la stampante ha un display a colori. La sigla può essere BK, C, M, o Y a seconda del colore: nero, ciano, magenta o giallo.

Perché la stampante si blocca quando esaurisce un colore?

Cercando informazioni online, ho trovato un articolo molto interessante dal titolo Printing with the Black Ink Cartridge Only, nel quale si sfatano alcuni miti in merito a questo argomento. Molti ritengono infatti che i produttori forzino questo comportamento meramente per far acquistare altre cartucce, ma in realtà non è così.

Esistono alcune motivazioni tecniche alquanto valide per impedire la stampa con cartucce vuote. Non mi dilungherò molto, ma voglio elencare i motivi principali di seguito. Per tutti i dettagli, leggete l’articolo linkato.

  1. Innanzitutto, l’inchiostro può seccarsi nel punto di uscita della testina, se rimane lì per un tempo prolungato. Ciò causa stampe di bassa qualità e potrebbe risultare in blocchi irreparabili. Questo viene evitato con un periodico ciclo di pulizia delle testine… che richiede l’uso di un po’ di inchiostro.
  2. In secondo luogo, se una cartuccia è assente, la stampante cercherà di “succhiare” inchiostro, ma otterrà solo aria. Alcune stampanti riscaldano l’inchiostro fino al punto di ebollizione o lo pompano attraverso dei piccoli fori: se l’inchiostro è assente, questo può causare danni alle testine.
  3. Il terzo motivo è che l’assenza del nero può degradare notevolmente la nitidezza degli altri colori, che richiedono un certo quantitativo di inchiostro nero per risultare più brillanti. L’articolo mostra anche un’immagine di esempio.

Quando le cartucce in realtà non sono vuote

Posto che stampare con cartucce completamente esaurite può essere dannoso, rimane tuttavia un altro problema. Infatti le stampanti Brother a volte segnalano l’assenza di inchiostro con cartucce tutt’altro che vuote!

A me è successo recentemente, desiderando stampare qualche articolo per lavorare alla tesi. La stampante lamentava l’assenza di inchiostro nero, ciano e magenta: insomma ben 3 su 4. Pur essendo consapevole di aver pagato le cartucce pochissimo, sono rimasto piuttosto deluso quando le ho esaminate. Guardate la foto.

Livello di inchiostro effettivo di ciano e magenta
Livello di inchiostro effettivo di ciano e magenta

Non ho fotografato il nero, ma vi garantisco che la situazione era analoga. Le cartucce compatibili hanno il vantaggio di essere trasparenti, mostrando che in effetti c’è ancora circa il 20% di inchiostro disponibile. Altro che vuote.

L’articolo di cui ho parlato prima—relativo ai motivi per cui le stampanti si bloccano—contiene suggerimenti per ovviare alla situazione con alcune marche. Tuttavia, in merito alla Brother è piuttosto pessimista, arrivando a negare l’esistenza di soluzioni:

Cartridges that fall under this description will simply not let you continue if they believe a cartridge is missing or is out of ink. there is no work around or solution currently available other than replacing the cartridge.

Una volta consapevole dei motivi tecnici “di sicurezza”, sapevo comunque di non avere delle cartucce vuote, e volevo stampare. Prima di darmi per vinto, ho voluto cercare su Internet ancora un po’. È andata a finire che la soluzione me l’ha suggerita direttamente il sito di Brother USA.

Cosa dice il sito di Brother

I vari portali nazionali di Brother contengono un vasto catalogo di pagine molto simili, con i manuali d’istruzioni dei prodotti e le pagine di FAQ (domande frequenti). Quelle relative all’errore “Impossibile rilevare” o “Cannot detect” sono più o meno tutte uguali, limitandosi a dire di provare a togliere la cartuccia e reinserirla, altrimenti buttarla.

Questo non è molto utile. Fortunatamente, la pagina relativa al modello MFC-J6920DW è decisamente più dettagliata e spiega come viene rilevato il livello d’inchiostro. Riassumo qui le informazioni principali, solo per il pezzo che ci interessa. Ho rifatto le figure perché quelle originali sono di bassa qualità.

L’articolo inizia spiegando che l’errore può comparire in caso di cartuccia esaurita, oppure nel caso si tenti di usare una cartuccia del modello sbagliato. Raccomanda inoltre di leggere attentamente il messaggio.

Estrazione della cartuccia
Estrazione della cartuccia

Si passa poi alle istruzioni per estrarre le cartucce. Dopo aver aperto lo sportello è necessario premere la levetta relativa al colore desiderato, facendola scattare. La cartuccia viene spinta fuori e si può rimuovere.

Segue tutta una filippica che spiega come assicurarsi che le cartucce siano originali. A noi questo non interessa, passiamo oltre. Il punto 5 della spiegazione ci dice finalmente come fa la stampante a rilevare il livello di inchiostro. Viene mostrato tutto con due foto, che ho ricostruito qui sotto:

Ricostruzione dello schema fornito da Brother
Ricostruzione dello schema fornito da Brother

In sostanza l’inchiostro, scendendo di livello, fa muovere in alto un indicatore nero che esce dalla finestra del sensore. L’articolo si chiude spiegando che è necessario procurarsi una cartuccia che non sia esaurita. Infine illustra come riporre le cartucce all’interno della stampante.

Resettare il livello di inchiostro

Avendo imparato il funzionamento del sensore, si può procedere a “persuadere” la stampante ad accettare le cartucce. Il metodo è molto semplice: coprire la finestra del sensore!

Io ho proceduto a “scoperchiare” l’area interessata spostando con le dita la plastica nera che scorre lateralmente sulla cartuccia. Ho quindi operato con la prima cosa che mi è capitata sotto mano, in particolare un pennarello UniPosca argentato.

Finestra del sensore coperta
Finestra del sensore coperta

Ho nominato il pennarello solo come esempio, potete usare quello che vi va, che sia un pezzo di nastro isolante, una mano di tempera, una placcatura in oro… 😛 Gli indelebili ad acqua però non sembrano andare bene.

Scherzi a parte, l’importante è che sia coperto da tutti e due i lati!

Una volta effettuata l’operazione, reinserite le cartucce nella stampante. Il display mostrerà un messaggio chiedendo se sono state sostituite delle cartucce. Rispondete “sì” a ognuna. Se tutto è andato per il verso giusto, verrà stampata una pagina di prova e potrete continuare a stampare quello che vi serve.

Livello del nero dopo la "riparazione"
Livello del nero dopo la “riparazione”

Come potete vedere dalla foto, le cartucce verranno viste come completamente piene. Rimarrà a voi l’onere di cambiarle quando saranno effettivamente in procinto di esaurirsi.

Lo potrete vedere dai colori sbiaditi della stampa e a quel punto sarà proprio il caso di mettere delle cartucce nuove. Ricordate quello che ho scritto sulle ragioni tecniche di questa necessità. Meglio non rischiare di rovinare la stampante. 😉

Pensate di aver cancellato dei file? I malintenzionati li recuperano, ecco come

Un paio di settimane fa ho finito di pubblicare sul sito del GrappaLUG i video del Linux Day 2014. Abbiamo avuto ben 8 talk e il lavoro di montaggio ha richiesto un po’ di tempo.

Sono stato impegnato sia per l’introduzione all’evento, sia in un intervento tutto mio dal titolo Non prestate quella chiavetta. Il talk aveva lo scopo di far prendere consapevolezza alle persone sulla cancellazione dei file, che troppo spesso è solo un’illusione. Molti infatti non sono consapevoli dei limiti di un gesto come “svuotare il cestino” e dei rischi che si corrono in termini di privacy.

Se volete saperne di più su questo argomento, e sui mezzi che hanno eventuali malintenzionati per scoprire quello che pensavate fosse cancellato, potete rivedere il mio intervento. Ecco la descrizione e il video del talk:

A volte crediamo di aver cancellato documenti e file privati dai nostri dispositivi, ma in realtà non è così. Spesso un malintenzionato può recuperare i nostri dati personali e ledere la nostra privacy.

Clicca qui per mostrare contenuto da YouTube.
(leggi la privacy policy del servizio)

Purtroppo avevo un po’ di raffreddore, ma tutto sommato credo che il risultato sia stato positivo. Il pubblico in sala era presente e interessato, nonostante fosse l’ultimo talk della giornata. 😉 Se volete, potete scaricare le slide sul sito del GrappaLUG, cliccando qui.

Script per Video Mediaset 5.2: design aggiornato e lo schermo intero per davvero

Oggi ho rilasciato la versione 5.2 per il mio script che permette di scaricare i filmati da Video Mediaset. Anche se la precedente 4.6 ha “resistito” al cambio di grafica, continuando a funzionare, ho preferito adattare lo script al nuovo design del sito e semplificare un po’ le cose.

Avrebbe dovuto essere la 5.0. Tuttavia, in seguito sono venute fuori complicazioni con Firefox, poi ho scoperto anche che hanno cambiato le carte in tavola per quanto riguarda le estensioni e di conseguenza anche Greasemonkey. Pertanto avevo dovuto “ripristinare” la 4.6, inventandomi la versione 5.1.0.4.6 (copia-incolla della 4.6).

Cos’è cambiato di preciso? In realtà non molto… Prima, su Greasemonkey l’autore di uno script poteva inserire oggetti e pezzi di codice all’interno della pagina. Io per esempio inserisco la barra verde contenente i link al video. Ora non più, bisogna usare le funzioni apposite fornite da Firefox, come ad esempio exportFunction.

Conclusione? Si fa la stessa cosa, non cambia niente. Solo che bisogna farlo in modo complicato, e così facendo bisogna istruire gli altri browser (per esempio Chromium) su cosa sia exportFunction, che è una prerogativa esplicita di Firefox. Da qui la perdita di tempo, visto che per pura coincidenza una nuova funzionalità che volevo aggiungere aveva bisogno di fare ciò.

Benvenuti all’Ufficio complicazione affari semplici. 😛

Comunque… a parte lo sfogo tecnico sul fatto che gli sviluppatori Firefox pensino che noi non abbiamo niente di meglio da fare che aggiornare i nostri script per niente, alla fine la nuova versione è pronta.

Vediamo i cambiamenti principali. Innanzitutto, ho rimosso tutta la parte di gestione del player. Video Mediaset ora usa HTML5 ogni qualvolta sia possibile, ripiegando su Flash Player in caso contrario. Niente più offensive discriminazioni per noi utenti Linux. 😀

Ho potuto quindi concentrarmi sul migliorare il riproduttore fornito da Mediaset. Dato che la modalità “schermo intero” che hanno messo è abbastanza buffa (e finta), ci ho messo un po’ del mio e ho fatto delle modifiche. Cito testualmente dall’articolo sullo script:

A partire dalla versione 5.2 dello script, ho inserito una funzionalità che migliora notevolmente la modalità “schermo intero” e il player fornito da Video Mediaset. In particolare:

  • usa il vero full screen, invece di un ingrandimento del filmato ai bordi della pagina
  • funziona con il riproduttore HTML5, sia su Firefox che su Chrome/Chromium
  • nasconde il cursore del mouse che diventa visibile solo muovendolo verso il basso, dove ci sono i controlli del player
  • elimina la pubblicità che precede il filmato

Nelle seguenti immagini potete vedere la differenza tra la modalità a schermo intero di Video Mediaset e quella col mio script attivato:

Devo dire comunque che Mediaset ha fatto un buon lavoro con il portale, la nuova grafica è molto pulita e si focalizza sui contenuti più che sulle decorazioni inutili. Ottimo anche il passaggio ad HTML5. 🙂

Come sempre, potete attendere che lo script si aggiorni automaticamente, oppure accorciare i tempi e installarlo manualmente. Buona visione! 😉

VPN in Italia, USA, UK e molto altro gratis con VPNGate

Alcuni siti web, specialmente quelli dove vengono trasmessi dei video (si pensi ad esempio a Rai Replay o alla BBC) impongono delle restrizioni per la visione. Succede quindi che per visualizzare o scaricare i video forniti da questi siti sia necessario essere residenti in un paese “autorizzato”.

O perlomeno far credere che sia così. 😛

Senza dilungarmi troppo in questioni tecniche (c’è la pagina su Wikipedia per quello), esistono dei servizi che forniscono una VPN: questa tecnologia consente di collegarsi alla rete attraverso un server di uscita che può essere collocato ovunque (quindi anche in un altro stato). Ad esempio, una persona che si trova in Italia può visitare un sito americano ed essere “rilevato” come un navigatore che si collega dagli Stati Uniti.

Abiti all’estero e vuoi scaricare i filmati da Rai Replay? Ti serve una VPN (non per tutti i video, in questo caso… ma alcuni sì). Abiti in Italia e desideri utilizzare Hulu (sito web americano di streaming legale)? Ti serve una VPN.

Ovviamente questi sono solo alcuni esempi, i residenti di certi paesi “difficili” (Cina, Siria, eccetera) usano le VPN per aggirare la censura governativa o proteggersi dall’intercettazione indiscriminata. Comunque, diciamo che è una tecnologia che torna utile in moltissime occasioni.

Sappiamo bene che esistono numerosi servizi di VPN in abbonamento, ormai ne fanno anche a prezzi bassissimi. Ci sono poi anche VPN con offerte in cui si paga una volta solta e poi durano per sempre. Nonostante questo, oggi ho scoperto un servizio tremendamente interessante.

Il servizio VPNGate

L’infrastruttura in oggetto si chiama VPNGate. Si tratta di una rete di server sparsi per il mondo, che forniscono accesso VPN gratuito e sono gestiti interamente da volontari!

Come molti altri, supportano OpenVPN quindi possiamo avere accesso anche su Linux in modo molto semplice. Inoltre la cosa interessante è che loro stessi “suggeriscono” di creare del software con la propria API, direttamente in home page:

Do you want to parse the below HTML table? Instead you can use CSV List to make your own VPN Gate client app.

Lo script vpngate.py

Non ho saputo resistere e mi sono lanciato subito. 🙂 Ho creato uno script in Python che si occupa di tutte le operazioni necessarie:

  • ottiene la lista dei server da VPNGate
  • filtra le voci tenendo solo quelle del paese scelto dall’utente
  • estrae il server con score più alto (solitamente coincide con il più veloce)
  • attiva il file di configurazione necessario
  • fa partire il comando openvpn automaticamente

L’idea di base è quella di scegliere il paese, e lasciare fare tutto il resto al computer. 🙂

Download e utilizzo

Ho pubblicato lo script su Github, assieme a un file README in inglese con qualche dettaglio in più.

Per scaricare il file vpngate.py potete cliccare sul bottone nella pagina di Github, oppure direttamente da terminale:

wget https://gist.github.com/Lazza/bbc15561b65c16db8ca8/raw/vpngate.py
chmod +x vpngate.py

Nota: dovete avere installato il modulo Requests di Python, nonché il client di OpenVPN. Su Ubuntu si possono installare i pacchetti necessari con il seguente comando:

sudo apt-get install python-requests openvpn

L’utilizzo è molto semplice, vi basta lanciare lo script indicando il paese tramite il nome oppure il codice di due lettere:

./vpngate.py US

Se volete scrivere il nome per esteso, potete anche digitarlo in modo parziale. Le maiuscole non hanno importanza. Perciò Russian Federation, Russia e russia funzioneranno ugualmente.

Ovviamente dovete scrivere i nomi dei paesi in inglese. Nel dubbio, date un’occhiata al sito di VPNGate e verificate il nome riportato.

Il processo della VPN va terminato premendo Ctrl+C, come si farebbe lanciando a mano OpenVPN. Nel giro di pochi secondo lo script dovrebbe “segnalare” a OpenVPN di fermarsi e stampare un messaggio di conferma a video.

Per finire, eccovi una breve demo di vpngate.py in azione:

Clicca qui per mostrare contenuto da YouTube.
(leggi la privacy policy del servizio)

Conclusione

Che vogliate accedere a un sito con restrizioni geografiche, proteggervi durante l’uso di una rete wi-fi pubblica o altro, VPNGate fornisce una lista veramente ampia di paesi tra cui poter scegliere. Nel momento in cui sto scrivendo, la lista di server permette di scegliere tra i seguenti paesi:

Giappone, Corea del Sud, Russia, Regno Unito, Stati Uniti d’America, Belgio, Indonesia, Venezuela, Germania, Austria, Thailandia, Australia, Svezia, Repubblica Dominicana, Vietnam, Cina, Malesia, Taiwan, Canada, Ucraina, Estonia, Marocco, Oman, Nigeria, Egitto, Bermuda, Francia, Bulgaria, Svizzera, Iran.

In questo preciso momento non visualizzo server italiani, tuttavia ogni tanto—aggiornando la lista sul sito—compaiono paesi che prima non c’erano. Inoltre dai log del servizio si evince che c’è chi ha utilizzato server italiani.

Per questi motivi, ritengo di poter dire con ragionevole sicurezza che abbiano anche qualche punto di uscita in Italia, magari non attivo 24 ore su 24. In alternativa, potete usare una VPN più seria che fornisca anche l’Italia tra i paesi disponibili.

Tenete conto che vpngate.py usa la lista di server fornita in formato CSV dall’API, la quale contiene server da parecchi paesi ma non tutti. Per alcuni potrebbe essere necessario scaricare il file di configurazione per OpenVPN dal sito e lanciarlo manualmente. 😉

Libero Mail… “libera” l’accesso IMAP

Recentemente è avvenuta una svolta storica da parte di Libero, un servizio molto usato in Italia che fornisce anche una casella email gratuita. Infatti da qualche tempo è stato reso utilizzabile il servizio IMAP (e anche quello POP) da qualsiasi connettività anche per le caselle gratuite.

Prima di questa modifica, l’utilizzo di IMAP era una prerogativa esclusiva degli utenti Plus e degli abbonati Infostrada. La pagina di supporto riguardante la configurazione dei client riflette l’aggiornamento:

Le caselle email attivate gratuitamente con la registrazione a Libero sono consultabili tramite programmi di Posta (client) in modalità IMAP4/POP3 con qualsiasi connettività.

Accesso ad una casella gratuita Libero Mail tramite IMAP, usando Thunderbird come client
Accesso ad una casella gratuita Libero Mail tramite IMAP, usando Thunderbird come client

La notizia giunge in controtendenza rispetto al comportamento che l’azienda ha avuto fino a questo momento. Dal 2011, uno degli articoli più letti del mio blog riguardava l’accesso a Libero Mail tramite IMAP aggirando le limitazioni con una casella Gmail intermedia. Inoltre, è notizia di pochi mesi fa che Libero ha ristretto i filtri e consente l’inoltro della propria posta solo verso altre caselle Libero Mail. Anche in tal caso, ho scritto un articolo su come aggirare le limitazioni sull’inoltro.

Insomma, dati i cattivi precedenti, si può dire senz’altro che si tratta di una buona notizia. Questo in particolare anche per chi desidera migrare verso una casella email più moderna, spaziosa e funzionale come Gmail.

Tramite IMAP, infatti, è facilissimo usare un client come Thunderbird per trasferire tutti i propri messaggi da Libero a Gmail (o altre caselle dotate di accesso IMAP). Si tratta solo di trascinare col mouse le email selezionate verso la casella di destinazione desiderata. 🙂

Risolvere i problemi di riproduzione dei file MKV

Recentemente abbiamo acquistato un televisore LED della LG. Per provare la funzionalità di riproduzione USB, ho messo sulla chiavetta alcuni video di trasmissioni televisive.

Ho usato sia dei programmi RAI, che si possono scaricare seguendo le mie istruzioni, sia alcuni episodi dei Cesaroni, scaricati da Video Mediaset con il procedimento di cui vi ho parlato in quest’altro articolo.

Nel primo caso, si trattava di file MP4, e ho verificato che funzionano perfettamente. Posso riprodurre i filmati, usare l’avanzamento veloce (anche fino a 16x), riavvolgere, saltare a un punto preciso, eccetera. Il problema invece è sorto con la fiction salvata da Video Mediaset.

Come ben sapete, quando salvate filmati Silverlight utilizzando ismdownloader, il programma produce in uscita un video in formato Matroska, con estensione MKV. Il televisore lo riproduce, tuttavia i problemi iniziano quando si tenta di usare l’avanzamento veloce.

Nel tentare di superare la velocità 2x, un triste messaggio appare in mezzo allo schermo:

Messaggio di errore del televisore tentando di usare l'avanzamento veloce su un filmato MKV
Messaggio di errore del televisore tentando di usare l’avanzamento veloce su un filmato MKV

Ancor peggio, quando si vuole riavvolgere il filmato, si riceve la stessa risposta:

Funzione al momento non disponibile

Questo è scomodissimo, perché se per qualche motivo non abbiamo capito una frase e la vogliamo sentire nuovamente, non possiamo. Se per sbaglio premiamo stop dopo aver visto mezz’ora di filmato, non siamo in grado di riprendere la riproduzione se non dopo 15 minuti di avanzamento a velocità 2x.

Un problema assai simile succede anche con alcuni software di riproduzione: mentre VLC e Totem riescono a farci vedere il video e ci permettono di saltare in qualsiasi punto (operazione chiamata seek), Mplayer non lo permette.

Ho cercato di trovare una soluzione al problema. Ovviamente, fare la ricodifica dei video è fuori discussione. Non solo per la perdita di qualità, ma anche per il tempo necessario. Alla fine ho trovato una risposta in questo forum, dove viene suggerito l’utilizzo del programma MKVToolNix, in particolare dello strumento mkvmerge.

Questo software consente la ricostruzione del contenitore MKV (operazione definita muxing) senza ricodificare i flussi audio e video. Questo permette di compiere l’operazione in pochi secondi per un intero video (circa 20-30, dipende dalla velocità del computer).

Con un apposito parametro, si può risolvere il problema dell’avanzamento veloce e del seek!

Innanzitutto, provvedete a installare il software necessario. Dovreste trovare il pacchetto di mkvtoolnix nel gestore pacchetti della vostra distribuzione (ad esempio, su Ubuntu potete cercarlo nell’Ubuntu Software Center).

A questo punto, vi basta invocare il programma con il parametro risolutivo, in questo modo:

mkvmerge -o file_corretto.mkv --clusters-in-meta-seek file_originale.mkv

Ovviamente adattate il comando con il nome del filmato di partenza e il nome finale che desiderate. 😉 Nel giro di poco, il software produrrà il video corretto a partire da quello originale, creando una piccola sezione alla fine del file che consente la corretta riproduzione.

Lo stesso video, riprodotto a 8x dopo il procedimento di "riparazione"
Lo stesso video, riprodotto a 8x dopo il procedimento di “riparazione”

Se volete uno script che converta tutti i filmati di una cartella, potete usare quello che ho creato per me:

#!/bin/bash

echo "MKV fix for fast-forward and seek"
echo ""

for i in "$@"; do
    echo "Fixing $i"
    mkvmerge -o "${i}_fix.mkv" --clusters-in-meta-seek "$i"
    mv -f "${i}_fix.mkv" "$i"
done

echo ""
echo "Done!"

Attenzione: questo script sovrascrive i video originali dopo la “riparazione”!

Salvatelo in un file mkv_fix.sh, dategli i permessi di esecuzione, e poi richiamatelo sui file che volete, per esempio così:

mkv_fix.sh *.mkv

Infine, c’è anche la possibilità di usare il parametro di cui vi ho parlato tramite l’interfaccia grafica del programma. Ovviamente tale metodo è più lento e scomodo, perciò non lo spiego, ma potete leggere come si fa in questo topic. 😛

Inoltrare le email da Libero Mail a qualsiasi altro indirizzo

Da quando ho pubblicato (nel 2011) il mio articolo su come usare la casella email di Libero tramite IMAP, usando Gmail come ponte, tale post ha ricevuto più di 98900 visite. Supponendo che in 1 caso su 100 il mio post sia stato utile, significa aver aiutato quasi 1000 persone a evitare l’uso della terribile interfaccia web di Libero Mail, o ancor meglio aver permesso la migrazione definitiva verso un servizio di qualità come Gmail.

La mia guida si basava sull’uso dei filtri per l’inoltro della posta verso Gmail. Non sono rimasto perciò molto sorpreso quando una persona mi ha comunicato che recentemente non era possibile seguire la mia guida, in quanto Libero ha cambiato le carte in tavola permettendo l’inoltro della propria posta solo verso altre caselle Libero.

La figura mostra cosa succede quando si prova a creare un filtro di inoltro verso una casella email non fornita da Libero:

Avviso: i tuoi dati sono nelle nostre mani!
Avviso: i tuoi dati sono nelle nostre mani!

Di fatto è stata attuata una vera e propria politica di vendor lock-in, vale a dire il fenomeno per cui un fornitore di servizi incatena i propri utenti, impedendo ai medesimi di “scappare” coi propri dati verso altri servizi.

Se mi è consentito usare un eufemismo, non è che questa cosa sia esattamente da considerarsi gradita e simpatica… Specialmente quando un ignaro utente si rende conto di non poter passare a un altro fornitore email avendo la tranquillità che i messaggi mandati all’indirizzo vecchio saranno inoltrati. 😉

Per questo motivo ho analizzato il sito di Libero Mail e ho trovato un metodo abbastanza pratico per disattivare il blocco. Si tratta di uno user script per il browser, vale a dire un minuscolo programma che viene avviato quando visitate il sito di Libero Mail.

Per usarlo, dovete installare l’estensione adatta per il vostro browser. Questa cambia a seconda del software che utilizzate per navigare:

  • Firefox → Greasemonkey
  • Chrome/Chromium → Tampermonkey
  • Internet Explorer → cambiate software e iniziate a usare un browser decente 😛

Una volta installata l’estensione, potete provvedere a scaricare lo script aprendo la pagina di download, tramite il seguente pulsante:

Libero Mail forward to ANY address

Ovviamente poi cliccate su Install this script.

Potete quindi recarvi sul sito web di Libero Mail e creare i filtri di inoltro che più vi aggradano, senza messaggi fastidiosi, inopportuni e offensivi che vi bloccano. 🙂

Una nota importantissima che voglio aggiungere: non è assolutamente escluso che in futuro Libero aumenti le limitazioni e queste pratiche “incatenanti”. Vi raccomando perciò di usare i filtri di inoltro per ricevere i messaggi sulla vostra casella di un provider più funzionale, e avvisare alla svelta chi vi scrive che possedete un nuovo indirizzo.

Migrate prima che sia troppo tardi. 😉

Visualizzare e scrivere le emoji con la tastiera in Linux

Le emoji sono le famose faccine nate originariamente in Giappone parecchi anni fa, e portate più recentemente al successo da applicazioni mobili come Whatsapp, Facebook Messenger e Google Hangouts.

Praticamente chiunque possieda uno smartphone avrà usato almeno una volta la faccina sorridente ☺,  il pollice in su 👍 o, perché no, anche la “cacchetta” 💩. 😛 Tutto ciò è reso possibile dal fatto che questi simboli fanno parte di un vero e proprio standard, ovvero sono contenute nella versione 6.0 dello standard Unicode.

Ciò ha una conseguenza positiva: è stato stabilito un linguaggio universale, esattamente come con le normali lettere dell’alfabeto, e ciò permette a tutti i software e sistemi operativi di poter riconoscere tali simboli.

Ovviamente Linux non è da meno, tuttavia nell’installazione predefinita di Ubuntu e altre distribuzioni non è presente un metodo semplice per scrivere questi simboli. Inoltre, a volte manca anche il font per visualizzarle. Vediamo come porre rimedio a tutto ciò. 🙂

Partiamo dalla visualizzazione. Esiste un carattere chiamato Symbola che contiene tutte le icone. Su Ubuntu si può installare tramite il pacchetto ttf-ancient-fonts, se usate altre distribuzioni verificate voi il nome del pacchetto. 🙂

Fatto ciò, dovreste essere in grado di visualizzare le emoji sulla pagina di Wikipedia (potrebbe richiedere un riavvio del browser). Ora è il momento di abilitare l’inserimento semplificato delle icone, vale a dire la possibilità di digitarle senza copiarle dalla tabella caratteri. Ciò che otterrete alla fine sarà un menu di questo tipo:

Menu di inserimento assistito per le emoji
Menu di inserimento assistito per le emoji

Come vedete nella figura, digitando un pezzettino della descrizione dell’emoji desiderata (in questo caso l’inizio della parola sunglasses), appare un menu che consente di scegliere la faccina voluta: 😎

In molte distribuzioni, avrete notato che sulla taskbar avete un menu a tendina che consente di cambiare la tastiera (per esempio da Italiana a Americana), questo è reso possibile grazie al software IBus. Di seguito vi spiegherò come aggiungere un’altra “lingua” tra quelle disponibili, ovvero UniEmoji.

Innanzitutto bisogna scaricare il codice, magari in una cartella temporanea, e poi scompattarlo. I comandi da dare nel terminale sono i seguenti:

cd /tmp
wget https://github.com/lalomartins/ibus-uniemoji/archive/master.zip
unzip master.zip
cd ibus-uniemoji-master

L’ultimo comando vi fa spostare nella directory corretta.

A questo punto dovete installare il pacchetto checkinstall, che vi consiglio perché permette una eventuale disinstallazione in modo assai pulito. Su Ubuntu basta fare:

sudo apt-get install checkinstall

Ora potete procedere alla compilazione del pacchetto:

sudo checkinstall

Appariranno delle domande. La prima recita Should I create a default set of package docs? [y] e voi dovrete premere semplicemente Invio. La seconda vi invita a inserire una descrizione al cursore >>, premete sempre Invio. La terza vi mostrerà un riepilogo dei dati del pacchetto, tra cui:

[...]
2 - Name: [ ibus-uniemoji ]
3 - Version: [ master ]
4 - Release: [ 1 ]
5 - License: [ GPL ]
[...]

Voi dovete premere 3 per modificare la versione. Quando vi chiede di inserirne una nuova, scrivete semplicemente 1 e premete Invio. Premete nuovamente Invio al successivo riepilogo, e attendete. Presto vedrete un messaggio che inizia per:

Done. The new package has been installed and saved to [...]

Ora è quasi fatta! 🙂 L’icona predefinita di UniEmoji è bruttina, pertanto vi consiglio di rimpiazzarla con un bello smile sorridente. Per fare questo, andremo a modificare un file del programma, col seguente comando:

sudo sed -si "s/\/usr.*svg/\/usr\/share\/icons\/Humanity\/emblems\/48\/emblem-cool.svg/g" /usr/share/ibus/component/uniemoji.xml

A questo punto dovete terminare la sessione, e poi entrare di nuovo col vostro account utente. Cliccate sull’icona della taskbar dove normalmente scegliete la lingua della tastiera e andate su Impostazioni inserimento testo. Quest’ultima è la voce che si trova su Ubuntu, ma immagino che altre distribuzioni abbiano nomi simili, eventualmente guardate nelle preferenze di sistema. 😉

Premete il tastino + per aggiungere un nuovo metodo, e cercate UniEmoji. Cliccate su Aggiungi e verrà inserito nella lista. Vi consiglio di metterlo appena sotto al metodo che usate di solito, poi spiego perché.

Aggiunta di UniEmoji come secondo metodo di input
Aggiunta di UniEmoji come secondo metodo di input

A questo punto avete terminato i passi necessari! 😉

Selezione del metodo di input
Selezione del metodo di input

Quando volete inserire una emoji, vi basta cliccare sul menu a tendina e selezionare UniEmoji. Dopidiché, iniziate a digitare una parola chiave che descrive l’emoji (in inglese) e il menu suggerirà quelle corrispondenti. Potete trovare le descrizioni di tutte le faccine su Emojipedia.

Poche righe sopra vi ho consigliato di inserire UniEmoji al secondo posto. Il motivo è presto detto: IBus permette di cambiare metodo di inserimento tramite la combinazione Windows + Spazio, passando alla successiva. Shift + Windows + Spazio invece permette di tornare alla precedente.

Ciò significa che quando volete inserire una emoji, potete digitare la prima combinazione ed attivare subito UniEmoji. Alla fine, potete premere la seconda combinazione e tornare alla lingua che usate di solito. 🙂

Installare ed utilizzare i font Latin Modern su LyX

LyX è una applicazione con interfaccia grafica per la redazione di documenti. Utilizza un proprio formato di file, ma è essenzialmente basato sul motore LaTeX e dipende da esso per funzionare.

Tale tecnologia, oltre ad essere software libero, è anche lo standard utilizzato per le pubblicazioni matematiche e più in generale scientifiche. In occasione del Linux Day 2013, noi del GrappaLUG abbiamo anche realizzato un intervento per imparare ad usarlo. Potete vedere il video del talk cliccando qui.

Il successo e la versatilità di questo vero e proprio linguaggio di programmazione per documenti non deriva solo dal fatto che sia facile scrivere le formule matematiche, bensì dalle numerose funzioni avanzate come la gestione automatica delle figure e della bibliografia, la sillabazione e in generale perché la resa grafica è semplicemente stupenda.

LyX “nasconde” la difficoltà di imparare il linguaggio vero e proprio, e consente di scrivere documenti LaTeX con un editor visuale, il documento finale può essere prodotto con un click. Ecco una pagina di esempio che ho scritto usando LyX, con la classe documento article (AMS):

Aspetto del PDF prodotto da LyX
Aspetto del PDF prodotto da LyX

Come potete vedere la qualità del risultato è già apprezzabile. Lasciate perdere che nel testo io abbia commesso un paio di errori di ortografia e abbia scritto “carattere senza grazie” invece di “carattere con grazie”, lo scopo era riempire la pagina. 😀

Dalla figura potete notare che di default il font utilizzato somiglia un po’ ad alcuni caratteri famosi, come ad esempio il Times o il Georgia. In realtà il font che vedete si chiama Computer Modern ed è lo standard predefinito. Di per sé questo carattere è leggibile, tuttavia si presenta un problema con i documenti prodotti da LyX (e spesso anche usando direttamente LaTeX): i font utilizzati sono bitmap.

Che significa? In sostanza i caratteri non sono vere e proprie forme geometriche come capita di solito, bensì immagini molto grandi. Cosa succede quando il documento viene zoomato esageratamente? La figura seguente illustra l’effetto sui font bitmap e su quelli vettoriali (vale a dire geometrici).

Differenza tra i font bitmap e quelli vettoriali
Differenza tra i font bitmap e quelli vettoriali

L’aspetto “brutto” in realtà non si presenta soltanto zoomando intensamente, bensì anche nella chiarezza del testo nei visualizzatori PDF. Se si usano font bitmap il carattere sembra un po’ spigoloso anche dove dovrebbe essere liscio.

In linea teorica sarebbe possibile installare una versione “migliorata” di Computer Modern, su Ubuntu e distribuzioni simili il pacchetto si chiama cm-super. Tuttavia, questa soluzione è sconsigliata, e viene suggerito invece di usare il nuovo carattere Latin Modern, che è un Computer Modern completamente ridisegnato in vettoriale e arricchito di nuovi simboli. Su Ubuntu si può installare con il comando:

sudo apt-get install lmodern

Occupano anche meno spazio su disco rispetto ai cm-super. 😉 Vi consiglio di impostarli come caratteri dell’anteprima di LyX, andando su Strumenti » Preferenze » Caratteri schermo e attivando rispettivamente Latin Modern Roman, Latin Modern Sans e Latin Modern Mono.

Una volta fatto ciò, è necessario indicare a LyX di usare questo carattere anche nel documento finale. Per farlo, dovrete andare su Documento » Impostazioni » Preambolo di LaTeX. Io vi consiglio di inserire il seguente contenuto:

\usepackage{lmodern}
\usepackage{microtype}
\frenchspacing

Il primo comando importa il pacchetto del carattere Latin Modern, sistemando il problema dei font. Il secondo invece usa un altro modulo, chiamato microtype. Su Ubuntu si trova nel pacchetto texlive-latex-recommended. Esso non è legato ai caratteri vettoriali, tuttavia lo trovo veramente ottimo in quanto realizza delle micro-ottimizzazioni per migliorare l’aspetto della pagina ancora di più, per esempio uniformando il livello di “nero” sul foglio.

Lo fa riducendo le parole che devono essere spezzate andando a capo e facendo “sforare” di poco le virgole e gli altri segni di punteggiatura dal margine della pagina. Questo paradossalmente lo fa sembrare più dritto. 🙂

L’ultima riga infine attiva la cosiddetta “spaziatura francese”, cioè quella normale se scrivete in italiano. Normalmente in America è consuetudine scrivere uno spazio più lungo al termine di ogni frase. Per avere uno spazio uguale a quello tra le singole parole, dovete attivare la spaziatura francese. Ho usato questo parametro anche nella prima immagine.

Nella finestra di LyX potete applicare le modifiche al singolo documento attivo, oppure anche impostare tale preambolo come predefinito per tutti i documenti futuri. Io la trovo una funzione molto comoda. Ecco lo stesso documento di prima, con il nuovo preambolo:

Aspetto del PDF con le nuove impostazioni
Aspetto del PDF con le nuove impostazioni

Potete vedere che il lettore PDF visualizza molto meglio le lettere, in quanto sono vettoriali. La nitidezza si apprezza anche zoomando la pagina. Oltre ai caratteri migliori, si notano anche le piccole ottimizzazioni messe in atto da microtype, che si evidenziano ancor meglio nella seguente rappresentazione:

Differenza tra i due PDF, in azzurro la versione originale
Differenza tra i due PDF, in azzurro la versione originale

Per concludere, l’utilizzo di Latin Modern e di microtype migliora ancora di più la già alta qualità dell’output prodotto da LyX. Non solo, l’ultimo importante vantaggio è che il testo del PDF risulterà correttamente copiabile e ricercabile, al contrario di quanto accade con i font bitmap! 😉

Nuova veste grafica per DuckDuckGo, il motore di ricerca più versatile del mondo

Pochi giorni fa è stata pubblicata ufficialmente la nuova versione di DuckDuckGo, un motore di ricerca meno conosciuto di altri giganti come Google e Yahoo!, ma che merita decisamente la vostra considerazione. Vediamo perché.

duckduckgo
Design moderno e minimale

Uso DuckDuckGo come motore di ricerca principale da più di un anno e mezzo e da allora non ho più avuto dubbi sulla scelta. Questo anche perché, come vi spiegherò, non vi obbliga a rinunciare a Google o altri strumenti simili.

Caratteristiche e novità

DuckDuckGo utilizza il proprio algoritmo di ricerca per fornire i risultati. Funziona bene in molti casi, anche se in alcune circostanze i risultati non sono del tutto all’altezza. In particolare, la configurazione predefinita tende a preferire i risultati da siti in lingua inglese.

Questo è un problema facilmente risolvibile: basta un click nelle preferenze per passare da nessuna regione a Italia e quindi scegliere l’area geografica desiderata.

L’interfaccia si presenta molto pulita anche nei risultati di ricerca, inoltre la presenza della pubblicità è assolutamente poco invasiva (quasi non si nota) e ce n’è meno di quella che si può trovare ad esempio su Google.

L’ultimo aggiornamento ha introdotto la ricerca di immagini e video, questi ultimi sono anche visualizzabili direttamente usando la funzione embed di Youtube. Immagino che qualcuno stia pensando:

Ma come? Finora non era possibile cercare immagini o video?

Non è del tutto esatto, con un semplice “trucco” (in realtà un’altra funzione di questo motore di ricerca) era possibile farlo anche prima. Ci arrivo tra poco. Altre novità interessanti includono l’introduzione di mappe, significati alternativi e ricette, a seconda della ricerca effettuata.

Perché è diverso dagli altri

Comincerò l’elenco delle differenze rispetto a Google, Yahoo! e altri da una caratteristica intrinseca: DuckDuckGo non vi traccia. Proprio così: è stato costruito per non registrare le attività di un utente.

Né DuckDuckGo, né i siti che visitate, associano la vostra persona ai termini che cercate. Non esiste una cronologia storica delle ricerche che avete effettuato in settimane o mesi al fine di mostrarvi pubblicità più interessanti. Non viene verificato quali sono i risultati su cui effettivamente fate click oppure no. Nulla di tutto questo.

Anzi, gli autori stessi di DuckDuckGo gestiscono un sito web dove spiegano come aumentare la privacy del proprio browser verificandone alcune impostazioni.

Un altro punto di forza molto interessante è che DuckDuckGo è veloce. Questo non solo in termini di rapidità della ricerca, che ormai si ritrova in tutti i motori famosi, bensì anche nella possibilità di avere una risposta immediata.

Vediamo un esempio semplice: supponiamo di voler verificare qual è l’indirizzo IP della nostra connessione ad Internet. Ci sono numerosi siti che consentono di farlo, quindi possiamo scrivere la seguente query in un motore di ricerca:

my IP address

Google vi restituisce una lista di siti web che consentono di ottenere questo dato. Anche DuckDuckGo lo fa, con la differenza che in cima alla pagina, in un riquadro grigio, inserisce la cosiddetta “risposta istantanea”:

Esempio di risposta istantanea
Esempio di risposta istantanea

Bene, ora so che il mio IP è quello riportato nel riquadro e posso conoscere anche la città da cui “esce” il mio collegamento ad Internet.

Esistono risposte istantanee per più o meno qualsiasi cosa e molti esempi sono riportati nella pagina descrittiva. Avete presente quando su Google scrivete 2+2 e vi restituisce in risposta 4? Ecco, è la stessa cosa però con uno spettro estremamente più ampio di possibilità che spazia dai quesiti matematici, all’informatica, alla geografia, eccetera, grazie all’integrazione con altri siti come ad esempio WolframAlpha.

Personalmente mi è capitato numerose volte di utilizzare questa funzione, ad esempio cercando informazioni legate alla programmazione o ad altri campi dell’informatica. Spesso non ho dovuto neppure cliccare il primo risultato, essendo sufficiente leggere le poche righe scritte nel riquadro grigio. 🙂

L’ultima funzionalità di cui vi voglio parlare è quella che rende DuckDuckGo un concentrato di tutti i motori di ricerca. Esiste infatti la possibilità di aggiungere una breve parola o sigla in mezzo ai termini ricercati, tra le tante disponibili chiamate !bang.

Bang in inglese è uno dei nomi per il punto esclamativo, ma è anche il suono di uno sparo. Infatti l’uso di queste scorciatoie permette di saltare in un lampo ai risultati di un altro motore di ricerca.

Per esempio: volete cercare Linux su Google? Non aprite una nuova scheda solo per visitare la home page del motore di ricerca di Mountain View, semplicemente scrivete su DuckDuckGo:

Linux !g

Ci penserà quest’ultimo a rimandarvi alla pagina dei risultati su Google, usando la versione Google encrypted che aumenta un pochino la privacy della vostra ricerca. Altri esempi:

  • !a — Amazon
  • !yt — Youtube
  • !w — Wikipedia
  • !vimeo, !evernote — si descrivono da soli

Ce ne sono più di un centinaio, potete trovarne una lista completa cliccando qui. L’utilizzo dei !bang diventa in breve tempo parte integrante dell’uso di DuckDuckGo e penso che dopo un po’ non si possa fare a meno della loro comodità.

Conclusione

Cambiare motore di ricerca per alcuni può non essere una scelta banale, e a volte richiede di superare un periodo di “smarrimento” iniziale. Tuttavia, DuckDuckGo secondo me merita sicuramente di essere provato per più di una manciata di minuti, e il fatto che permetta all’occasione di rimandare la ricerca su altri motori più familiari è un vantaggio che ne facilita l’adozione.